DEC. SEMPLIFICAZIONI e DPR 380/2001–Webinar 04.12.2020 e 18.01.2021: materiali, FAQ e documento CeNSU

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Materiali presentati ai webinar


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FAQ

avvocato Stefano Bigolaro

DOMANDA: A proposito di distanze e incentivi: i limiti delle norme edilizie sono variati anche contro i limiti del codice civile?

RISPOSTA:
Anzitutto: questa domanda riguarda il concetto di demolizione e ricostruzione in deroga alle distanze stabilite dal DM 1444 del 1968, ai sensi dell’art. 2 bis, comma 1 ter, del DPR 380 del 2001.
Con il nuovo articolo 2 bis, comma 1 ter – come ora modificato con il DL 76/2020, convertito in legge 120/2020 – vi è un’innovazione rispetto alla disciplina previgente.
Viene, infatti, introdotta un’esplicita e oggettiva deroga al DM 1444 del 1968: la possibilità di collocare in sopraelevazione o fuori sagoma quegli incentivi volumetrici che si accompagnino alla demolizione e ricostruzione di un edificio, e ciò nei limiti delle distanze alle quali legittimamente si trovava l’edificio demolito, anche se non rispettose del DM 1444.
Certamente il DM 1444 del 1968, determinando le distanze che devono essere contenute nei regolamenti locali, ha una funzione integrativa del codice civile (ai sensi dell’articolo 873 del medesimo). Ma questo non significa che le attuali modifiche legislative si pongano in contrasto con il codice civile. Insomma: non è il codice civile a prescrivere la distanza di 10 metri tra pareti finestrate, ma un decreto ministeriale che ha un fondamento legislativo (nella “legge-ponte”): ed è a livello legislativo che ora, con il nuovo testo dell’art. 2 bis del DPR 380, si è intervenuti a prevedere un’ipotesi di deroga al DM 1444 del 1968 quanto alla collocazione dei volumi incentivati.
In altri termini, il diritto soggettivo del privato proprietario di un edificio, per effetto della modifica legislativa ora intervenuta, non ha più ad oggetto il rispetto da parte del proprietario del fondo finitimo delle distanze di cui al DM 1444 ove vi siano determinate condizioni: in specie, ove si tratti di incentivi volumetrici nel caso di interventi di demo-ricostruzione di edifici che già prima non rispettavano le distanze del DM 1444.
Il codice civile rimane, evidentemente, invalicabile, ma cambia la regolamentazione locale e, per l’effetto, in certe situazioni viene meno il diritto del privato che possa essere fatto valere davanti al giudice ordinario.

DOMANDA: vorrei capire, nell’ambito della ristrutturazione demoricostruttiva, la demolizione e ricostruzione con ampliamento ai sensi del piano casa è ammissibile rimanendo nella definizione di ristrutturazione? Non ho capito la specifica che ha fatto l’avvocato dicendo che la norma le deve definire ristrutturazioni, in quanto il piano casa non definisce l’ampliamento come ristrutturazione.

RISPOSTA: Questa domanda riguarda il concetto di ristrutturazione di cui all’articolo 3 del DPR 380.
Non ogni ampliamento che intervenga nel corso di un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio rientra nella nozione di ristrutturazione edilizia. Ai sensi dell’art. 3 comma 1 lettera d) del DPR 380 è necessaria un’esplicita qualificazione dell’incremento volumetrico come ristrutturazione ad opera di norme di legge o degli strumenti urbanistici comunali.
Nelle legislazioni regionali sul “Piano casa” finora gli incrementi consentiti sono stati considerati come nuova costruzione e non come ristrutturazione (ciò che, fino alla odierna modifica del DPR 380, non sarebbe stato possibile).
E’ dunque necessario un passo ulteriore a livello legislativo o pianificatorio perché la nuova disciplina della ristrutturazione edilizia come comprensiva di specifici incrementi volumetrici divenga effettiva.

DOMANDA: Nella rigenerazione urbana può essere sommato un incremento edilizio con un incentivo edilizio in un solo fabbricato?
RISPOSTA: La domanda riguarda insieme sia la nozione di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3 del DPR 380, sia quella di demolizione-ricostruzione in deroga al DM 1444 del 1968, di cui all’art. 2 bis co. 1 ter del DPR 380; e consente perciò di far chiarezza sulla distinzione tra le due nozioni.
La domanda interseca, inoltre, il concetto di “rigenerazione urbana”, non ancora esattamente definito dal DPR 380 ma che ritorna sia con riferimento alla nozione di ristrutturazione, sia con riferimento a quella di demo-ricostruzione in deroga.
In sintesi:
La nozione di ristrutturazione edilizia potrà comprendere degli incrementi volumetrici. Tali incrementi dovranno essere quelli specificatamente individuati da norme di legge o di piano. Ma la categoria degli incrementi volumetrici ha, di per sè, un significato generale: sono incrementi volumetrici tutti i possibili aumenti di volume.
La categoria degli incentivi volumetrici, che rileva soltanto ai fini dell’articolo 2 bis co. 1 ter del DPR 380, è diversa rispetto a quella degli incrementi volumetrici: riguarda non gli ordinari ampliamenti previsti dai PRG, ma quelle premialità (“bonus”) che sono previste, a livello legislativo, per finalità quali quelle del “Piano casa” o relative al miglioramento delle caratteristiche dell’edificio.
Le due nozioni – di incrementi e di incentivi – sono diverse e rilevano al fine dell’applicazione di norme diverse: ogni confusione tra di esse non sembra rispondente al testo di legge.

ing. Gianluigi Capra

D: Quindi il Rup può autorizzare direttamente il non rispetto delle distanze minime?
R: Una volta approvato il nuovo testo del Dlgs.380 non si tratterà più di “non rispetto ” ma di distanze consentite “a norma di legge” ovviamente nei casi di specie.

D: se decadono i piani urbanistici variazioni dello stesso progetto si possono riferire a quello vigente o si riparte da capo?
R: Rispondo sui Piani Urbanistici. La LUN 1150 del 1942 chiarisce in modo esplicito come si debba procedere e quali prescrizioni dei PP continuino ad avere effetto dopo la scadenza del piano stesso.
Conclusa l’attuazione del piano (esaurite tutte le previsioni in esso contenute) le A.C. dovrebbero adeguare gli strumenti generali e assoggettare i successivi interventi alla normativa per gli “interventi diretti” (fatto salvo quanto detto prima in riferimento al perdurare di alcune prescrizioni derivanti dal PP originario)

D: Esistevano molti anni fà in Puglia i piani quadro PQ (pp di scala contenuta) a cura dei privati che ebbero seguito, ma la complicatissima successiva proliferazioni di Leggi e norme li cancello. Siamo tornati ai PQ di 40 anni fà con le innovazioni del caso.
R: C’è una sostanziale differenza: si parla anche di “interventi diretti” ovviamente non tutti indiscriminatamente ma quelli individuati nei Piani generali (o Particolareggiati) con queste caratteristiche ( per es. aree di riqualificazione, centri storici, ecc,). Da qui il ruolo importantissimo del Pianificatore a livello Comunale.
Per quanto concerne le lungaggini burocratichedi cui sono affetti i Piani Urbanistici Attuativi ( o comunque vengano chiamati ) sono necessati due interventi procedurali ineluttabili:

  • il primo applicare la corretta procedura della “conferenza dei Servizi” pretendendo che il parere dei vari Enti venga reso in sede di conferenza e non possa essere non compatibile con altri pareri resi. Le prescrizioni devono essere contemperate in quella sede, essere legittime e non poter essere differite a tempi successivi (è già così x legge. le CdS “dissociate” sono una invenzione che ingessa il procedimento);
  • il secondo è che le varie legislazioni Regionali, fissino tempi perentori e non ordinatori per le vari efasi ( es. 30 gg. per convocazione C.d S., 30gg per la chiusura della stessa, 60gg per le integrazioni in accoglimento alle prescrizioni della stessa e dell’UT, 60gg. per la pubblicizzazione e le “osservazioni”( ove previsto) ulteriori 60 gg. per il rilascio del provvedimento amministrativo.
    In questo modo si potrebbero garantire agli investitori (anche Esteri) tempi certi per l’attuazione.

ing. Marco Colombo

D: Forse non abbiamo saputo difendere la nostra peculiarità in questi anni dato che oggi ci troviamo a fare i praticanti avvocati?

R: Per rispondere compiutamente ci vorrebbe un convegno dedicato. Tuttavia, anche se usciamo leggermente dal tema del Webinar, cercherò sinteticamente di condividere alcune analisi. In generale il ruolo primario del professionista tecnico, per interderci quello che faceva di un Provveditore, di un Ingegnere capo, di un libero professionista, un dirigente autorevole e capace di “fare” è stato nel tempo ridimensionato sia da provvedimenti esterni, sia da comportamenti interni. Il legislatore, sollecitato da più parti, ha normato in modo massiccio quello che sarebbe dovuto rimanere patrimonio della tecnica e del sapere del professionista, senza contare l’aumento esponenziale degli adempimenti burocratici, con il risultato che la parte predominante della nostra attività non è stata più la “buona progettazione”. Abbiamo subito, complici, un processo di standardizzazione che non valorizza più le capacità tecniche ma altre capacità, chiamiamole così. D altro canto, e qui vengo ai nostri comportamenti, la necessità di soddisfare la domanda di nuove occasioni di lavoro, richiesta da una platea professionale in costante crescita, ha giustificato l’invenzione di tanti adempimenti che di squisitamente tecnico hanno molto poco. Certificazioni, asseverazioni, controlli, formazione, ecc.ecc. ci hanno invaso, per non parlare del “bisogno” quasi patologico della norma cogente, senza la quale si è incapaci di procedere ingegnandosi, con in più la preoccupazione delle responsabilità per la mancata osservanza. Come se ne esce non è facile a dirsi, nè ho la pretesa di scrivere ricette. Di certo un rapido processo di delegificazione sarebbe di giovamento, unito ad un ridimensionamento della burocrazia, per liberare risorse necessarie a produrre utili “idee progettuali” e non pezzi di carta.

ing. Flavio Piva

D: Le corti rurali all’esterno dei centri abitati muniti di schedature possono equipararsi a centri storici. ing Lucio

R: Dipende a quali fini e da chi produce il vincolo. Se è un bene vincolato dalla Sovrintendenza è necessariamente da assoggettare a zona A di PRGC; ma spesso per gli edifici rurali è il solo PRGC che appone un vincolo di conservazione/restauro a luoghi da tutelare per memoria storica locale.

D: In caso di edificio a rischio crollo ricadente in zona “A” del piano urbanistico, per il quale si rende indispensabile la demolizione con ricostruzione, come si può operare?. Preciso, zona “A” in area vincolata ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 (area parco)

R: La procedura è quella stabilita dalla l 120/2020, art. 10, 1, a): Nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela.

Quindi ci deve essere un Piano Particolareggiato alle cui norme si rimanda. Comunque l’edificio o è crollato e il PP stabilisce i modi della sua ricostruzione oppure è integro, anche se in pessime condizioni e il progetto proporrà, entro il PP, i modi della ev. demoricostruzione.

NB: Materiali e risposte in via di integrazione

“La complicazione della semplificazione” – Documento CeNSU – Paolo La Greca presidente

Una riflessione del CeNSU a margine della recente circolare interpretativa dell’art. 10 della L. 120/2020 (conversione del DL 76/2020 “Decreto semplificazioni), emanata dal MIT, di concerto con il Min. Funzione Pubblica.

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